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Reinventarsi la ceramica

Reinventarsi la ceramica

Giuseppe Vinci

Come tutte le manifestazioni dell’arte, anche l’arte ceramica è un laboratorio di infinite possibilità. Un laboratorio nel quale gli stessi semplici ingredienti base possono essere assemblati e ricomposti in un insieme nuovo, secondo la capacità e la creatività dell’artista. Guardando e toccando gli oggetti su Federico II di Svevia creati da Pinto si sperimenta il piacere che può dare la ricerca di nuove forme e di nuove applicazioni, quando nascono da una autentica e tenace volontà creativa, capace di mettersi in gioco sino in fondo su un tema, inventando storie che diventano materia artistica.

Lo spettatore vive il piacere del confronto con la capacità creativa, dunque; e subito dopo il piacere della bellezza che nasce da forme, colori, suggestioni narrative e tecniche; e poi ancora il piacere di essere qui, nel Quartiere delle Ceramiche di Grottaglie, avendo l’intima percezione che tanta strada può essere fatta dagli eredi di una tradizione antichissima.
Non so se ne avesse l’intenzione, ma Pinto ha mostrato con questo suo lavoro come sia possibile: partire da una suggestione, in questo caso il fascino di un personaggio, o di un’epoca; viaggiare nella storia, cioè studiarla e comprenderla; trasformare la suggestione e il sapere in racconti narrati dai protagonisti, sempre realizzati all’interno di una sceneggiatura e di un dialogo; realizzare figure di grande espressività e originalità, grazie a una straordinaria capacità tecnica sedimentata negli anni di esperienza e di docenza, ma evidentemente enfatizzata dalle idee e dal percorso che egli stesso andava man mano costruendo.
L’esperienza di Pinto con la tematica dell’Imperatore Federico è quindi non solo qualcosa di assoluto rilievo artistico ma è anche un modello di ricerca, una riprova delle infinite possibilità del discorso artistico attraverso l’antica arte ceramica.